Dopo il corso di molti mesi mi è finalmente pervenuto il Vostro prezioso dono, che io considero come uno de’ più gran premj, che ho ottenuti da’ miei lavori. Un sentimento di vanità sarebbe stato la conseguenza de’ Vostri Favori, se l’idea, che ho della generosità dell’animo Vostro non l’avesse prevenuto. Per mostrarvi la mia riconoscenza ho spedite al Sigr. Pio Segretario d’Ambasciata della Corte di Napoli in Parigi alcune copie della mia opera, coll’incarico di darvene una in mio nome, e di pregarvi d’accettarne anche delle altre nel caso, che vogliate darle a qualche vostro Amico.
Io sono quasi in fine del terzo libro, che è quello che riguarda le leggi criminali. Questo occuperà due volumi, l’uno de’ quali contiene il sistema della procedura, e l’altro quello del codice penale. La novità delle mie idee sull’uno, e l’altro oggetto mi spaventa. In un secolo, nel quale si è scritto, e pensato tanto sopra tutto ciò che riguarda la pubblica prosperità, nelle opere relative a questi oggetti l’originalità è molto facile, che sia unita alla stranezza. Questa riflessione mi turba, e qualche volta mi opprime; per superarla io non fo altro, che dire a me stesso—“Se tu avessi ripetuto le idee degli altri, quale beneficio avrebbe potuto l’umanità attendere dalle tue produzioni? Se le mie idee sono strane, saranno rifiutate, ed in questo caso niun male ne risentiranno gli Uomini; ma se essendo nuove, sono ragionevoli, applicabili, opportune, se potranno diminuire i mali d’un solo popolo, se potranno prevenire una sola ingiustizia, non dovrai tu forse applaudirti d’averle manifestate, non dovresti forse pentirti d’averle nascoste per un sentimento vile d’incertezza, e di timore di vederle condannate, e derise?”
Queste riflessioni mi han determinato a proseguire con tutto il vigore possibile la mia intrapresa. Io, come ho detto, ne sono quasi al termine, ed il primo a giudicarne sarete Voi, o rispettabile Uomo, o Essere singolare, che combattendo cogli Uomini, e co’ Dei, avete tolto a Giove i suoi fulmini, e lo scettro a’ tiranni. Quando avrò il vostro giudizio su questa parte della mia opera io vi farò un proggetto sulla mia persona. Voi, voi che potete fare la mia felicità, e potete rendermi così istrumento utile a’ miei simili. Permettetemi che vi nasconda un arcano, che mi riserbo di palesarvi, quando avrò da voi ottenuta la promessa di non communicarlo a persona alcuna. Vi bacio la mano con quell’ossequio che m’ispirano i vostri talenti, e le Vostre virtù, e mi dico